Il Giaggiolo

Il Giaggiolo deve il suo nome (Iris) ad una dea greca: Iride, figlia di Taumante e di Elettra, alla quale i Greci attribuivano il fenomeno dell’arcobaleno.

La coltivazione per scopi commerciali iniziò a metà dell’Ottocento e raggiunse presto notevoli quantitativi di produzione, grazie alla costante domanda da parte di aziende francesi e del nord Europa. Tale coltivazione si è poi drasticamente ridotta a causa della concorrenza di prodotti di sintesi che svolgono una funzione simile a costi inferiori. Al Giaggiolo è rimasta così solo la sua funzione ornamentale e l’interesse botanico di molti appassionati coltivatori. Soltanto di recente si è notato un nuovo interesse intorno a questa coltura.

L’Iris o Giaggiolo (o addirittura – impropriamente – Giglio), è conosciuto ed apprezzato fin dall’antichità per le proprietà dei suoi bulbi (rizomi) essiccati.

Dal punto di vista botanico l’Iris appartiene alla famiglia delle Iridacee (come il Crocus sativus o Zafferano) mentre il Giglio, che a Firenze spesso è sinonimo di Iris e Giaggiolo, appartiene a quella delle Liliacee.

Tra le numerosissime varietà di Iris che esistono in natura o come risultato di ibridazioni, quella che più è caratteristica delle nostre colline e che per le sue proprietà è stata coltivata e raccolta per gli usi detti, è l’Iris pallida, dai colori tenui e morbidamente tendenti al rosa violaceo.

Il rizoma di questa varietà di Iris è il più ricco di essenza e manifesta un soave e persistente profumo di violetta, tanto da essere conosciuto anche con la definizione di “radice di violetta”: il profumo non è avvertibile nei rizomi freschi, ma solo in quelli “lavorati” (ripuliti da barbe e buccia) ed essiccati.

La raccolta è effettuata dopo tre anni dalla piantagione, da metà luglio a metà settembre. Prevalentemente con tecniche manuali, la pianta viene tolta dal terreno e subito lavorata.